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Denominazione File :
ARCHEO 669
Titolo attribuito :
Interno dell'ex Multinazionale Purina di Treviso
Luogo della ripresa :
Data della ripresa :
Autore fotografia :
Indicazioni sul soggetto :
Interno dell'ex Multinazionale Purina di Treviso.
Definizione oggetto+spec :
Voci generiche :
N.Imm. Fondo :
669
N. Inv. Fondo :
0
Collocaz. Fondo-Scat. :
0
N.Imm. Archivio FAST :
12244
Fondo :
Archeologia Industriale
Note/Bibliografia :
L'immagine appartiene all'Archivio P. Del Giudice.
“Il mulino si trova a Fiera, vicino al centro di Treviso, ed è posto sulla riva destra del fiume Sile. Esso costituisce una delle maggiori testimonianze industriali del luogo. Il nucleo di questo complesso industriale viene costruito presso il tratto del fiume che raccoglie le acque degli affluenti Limbraga e del Trozo Lungo.'

Nei disegni dell’archivio di Stato di Treviso, datati 24 Marzo 1683 ed eseguiti dal perito Iseppo Cuman, sono raffigurate le ruote dei primi mulini cinquecenteschi sulla Limbraga. Tali mulini, probabilmente lavorano già a partire dal XVI° secolo per il consorzio delle " 80 Rode in Trevisana", deputato alla macinazione dei “pubblici grani della Serenissima".

Il mulino in questione in un altro disegno mappale del perito Lorenzo Boschetti del 2 Aprile 1750, risulta, all’epoca, di proprietà del consorzio Manin-Pisani. Esso presentava già una terza ruota che fino a quella data era stata utilizzata per arrotare lame e che ora si voleva trasformare in ruota da grano. Verso la fine del secolo il consorzio Manin-Pisani si ingrandiva con la costruzione di un nuovo opificio ad una ruota per la manifattura della porcellana e per l'estrazione dei metalli dai fanghi. I vecchi opifici settecenteschi del consorzio Manin-Pisani nell'arco del XIX° secolo vengono dati in proprietà a varie ditte. Nel 1816 I'intero complesso si ricompone nuovamente sotto il Regio Demanio, sebbene l’attività dei due opifici rimanga differenziata. Mentre quello a tre ruote sulla Limbraga macina grano, quello a una ruota sopra il Trozo Lungo amalgama i fanghi per la Regia Zecca di Venezia. Il complesso comprende anche gli alloggi per le maestranze e nel palazzetto, davanti al grande magazzino, è posto anche quello del direttore dell'opificio d'amalgamazione.

A partire dal 1850 le proprietà vengono smembrate. I caseggiati sopra la Limbraga passano alla ditta Zoccoletti. Successivamente quelli sopra il Trozo Lungo vengono acquisiti dalla ditta Francesco Andreola. Le due ditte apportano nell’arco della seconda metà del secolo consistenti ampliamenti .
La Zoccoletti avvia una brillatura di riso e una manifattura per la concia delle pelli, amplia i caseggiati sulla Limbraga fino alla Restera ed interviene sugli edifici della Callalta con restauri, secondo il progetto di ristrutturazione del 1835.
Francesco Andreola, da parte sua, ristruttura la vecchia macina-terre ed edifica un nuovo mulino da grano, ampliando il vecchio magazzino, come ricorda ancora oggi una lapide del 1865 conservata all'interno dell'edificio.
Nel 1919 l'intero opificio viene acquisito dalla "Società Anonima Cereali" che riconverte l'insieme delle strutture e al posto della vecchia ciminiera, ancora visibile
in una cartolina del 1907, costruisce un silos in cemento armato. L'impianto di macinazione, così ampliato, non è più azionato dalla forza idraulica, ma da motori Diesel e il lavoro è suddiviso in tre turni. I cereali da macinare giungono dalla laguna trasportati su barconi, come è visibile da una vecchia fotografia, in cui la sponda del Sile appare simile a un molo. Tale sponda appare dotata di una lunga serie di basse colonnine in ghisa alle quali venivano fissati i cavi per l'ormeggio delle imbarcazioni.
Il mulino rimarrà attivo fino al 1985, dopo essere stato utilizzato come mangimificio dalla società multinazionale Purina.
L'intero complesso comprende numerosi edifici: una villa padronale, una segheria; un deposito di crusche; magazzini; un edificio per la manovra delle saracinesche; una falegnameria; un nucleo di abitazioni operaie; un edificio per le turbine ovvero la centrale elettrica; il silos per l'essiccazione, la macinazione e pilatura; un edificio per i farinieri, l'insacco e l'amministrazione.
Il molo di Fiera e il mulino, che ancora oggi caratterizzano il paesaggio del vecchio borgo, sono rimasti sostanzialmente intatti nella loro struttura, con il caratteristico silos a scacchi. Il mulino conserva all'interno i segni della complessa stratificazione di tecnologie e l'uso di differenti materiali per le strutture portanti: dal legno, al calcestruzzo, al cemento armato.” da: "L'uso della fotografia applicata alla rappresentazione dei monumenti storico industriali della provincia di Treviso" Tesi di diploma di Nadia Pavan, A.A. 1996-97.


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