Vedi Fondo Fini, immagine n. 423. L'immagine è tratta dal volume "Le nostre industrie" di S. De Faveri, Treviso 1877, di cui la Biblioteca Comunale conserva due copie. "Lo stabilimento "Graziano Appiani" nasce a Treviso, fuori porta Santi Quaranta, nell'estate del 1866, su di un'area di 4.500 mq in precedenza occupata dalle fornaci Battistella. Queste ultime sono convertite in complesso industriale per la produzione di laterizi da Graziano Appiani, unitamente a due soci, Zaccaria Bricito e Antonio Battistella. Graziano Appiani, di origine lombarda, giunge a Treviso poco più che ventenne, all'inizio degli anni Settanta, già in possesso di un brevetto industriale per una sua ingegnosa innovazione del "sistema Hoffman" per la cottura dei laterizi. Il nuovo sistema è costituito da una fornace circolare formata da una galleria di cottura continua ad anello, fornita di aperture all'esterno a forma di porta (per il carico-scarico dei materiali) e da aperture sulla parete della sala circolare interna che servono a caricare il combustibile. La galleria è "a volta" ed è costituita da un ingegnoso sistema di corso d’aria, che consente all'aria calda di circolare liberamente all'interno delle camere di combustione della fornace a fuoco continuo, migliorando la cottura del prodotto e riducendo notevolmente gli scarti. L'Appiani, in poco tempo, applicherà il proprio sistema in numerose fornaci nell'Alta Italia, fino a giungere alla periferia di Treviso in S. Biagio di Callalta. A Treviso il progettista industriale conosce un ricco proprietario terriero, Zaccaria Bricito, la cui giovane figlia sarà presto sua moglie. Il Bricito possiede numerosi terreni argillosi. Il giovane Appiani, desideroso di creare una fabbrica di laterizi, costituisce una società con il già citato Antonio Battistella e col Bricito. Inizialmente l'azienda consta di due fornaci circolari a capannone, di un camino centrale, di tre vaste tettoie, di aree per la preparazione di mattoni, di tegole piane e di un complesso di binari per il trasferimento dei materiali da un settore all'altro. I primi manufatti ad aprire la via del commercio a tutte le produzioni successive sono i mattoni che si affermarono presto sul mercato. Appiani diventa successivamente proprietario della fabbrica. Affluiscono in breve tempo grandi richieste di mattoni, tanto che l'Appiani deve ampliare gli impianti. E' quindi costruito, in un primo tempo, un secondo forno con relativa ciminiera. Successivamente i forni sono dotàti ciascuno di una seconda galleria di cottura, avente un maggiore sviluppo e una più ampia sezione. In tal modo viene raddoppiato il volume di cottura. Verso la fine del XIX° secolo si rende necessaria la costruzione di un terzo forno con relativa ciminiera a gallerie di cottura parallele con grande capienza, chiamato "il fornacione". Appiani inserisce nei nuovi impianti anche macine e presse per le tegole piane,trafilatrici e una mag Nel 1877 gli operai occupati nella “Fabbrica Laterizi e Sistema privilegiato” sono circa trecento nel periodo estivo e centocinquanta in quello invernale. Il prodotto che forma il maggior volume della produzione è il mattone, a cui si aggiungono coppi comuni, tegole parigine piane, (di cui l'Appiani ha il merito di introdurre la fabbricazione e l'uso in Italia), tegole di colmo ornate, bordi particolari per le gronde, statue, pinnacoli, fumaioli, mattoni forati per tramezze, volte e muri, e tavelloni. Nel 1881 lo stabilimento partecipa all’Esposizione Internazionale di Milano, che gli apre il mercato estero, primo fra tutti quello austroungarico. In tale periodo, in seguito a precise richieste di mercato, già a conoscenza dell’uso di piastrelle ottenute dalla pressatura di polvere d’argilla, l'Appiani realizza elementi per pavimento e rivestimento in gres di colore rosso cupo naturale, cotti in forni Hoffman. La polvere di argilla per la produzione delle piastrelle viene estratta dal canale Cerca, che si trova nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Santi Quaranta, ricavata tramite una turbina idraulica ed alcune macine e poi trasportata allo stabilimento. Sul luogo, è rimasto l'edificio e una ciminiera, mentre il canale Cerca è stato interrato. Successivamente sorge il problema di produrre piastrelle colorate per poter comporre pavimenti a disegni vari. L'aggiunta di una materiale diverso “il caolino” proveniente dalle cave di Schio, consente di ottenere per le piastrelle un colore paglierino. Un'ulteriore aggiunta di ossidi all'impasto permette di realizzare anche materiali di colore giallo, celeste e nero. I formati sono in prevalenza quadrati (5x5, l0xl0, 20x20), oltre ai tipi ottagonali ed esagonali. Nel 1884 l'industria Appiani, dopo aver ricevuto il diploma d'onore del Regio Istituto Veneto di Scienze ed Arti, è premiata con la medaglia d'oro all'esposizione Generale Italiana di Torino per la produzione di laterizi e di mattonelle in gres. Da questo momento è un susseguirsi di riconoscimenti: nel 1887 la medaglia d'oro del Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio; nel 1893 il massimo riconoscimento alla Mostra Mondiale di Chicago, nel 1900 la medaglia d'oro all'Esposizione Mondiale di Parigi; nel 1904 un riconoscimento all'Esposizione di Saint-Louis. Importanti altri riconoscimenti vengono poi dalla Esposizione Internazionale di Milano (1906) e da quella di Bruxelles (1910). Agli inizi del '900 vengono prodotte anche piastrelle in gres smaltato, a due colori bianco e rosso, per il rivestimento di pareti esterne. Queste saranno utilizzate nelle facciate delle case operaie Appiani in Viale Risveglio e Viale Eden . L'enorme successo della fabbrica trevigiana, ottenuto partecipando alle grandi esposizioni industriali, consente di conquistare rapidamente, oltre ai mercati europei, anche quelli più lontani dell’Argentina, dell’America del Nord, dell'India e dell'Egitto. La produzione di laterizi e di piastrelle prosegue incessantemente sino al 1915, anno che segna però la chiusura forzata dello stabilimento sino al 1919. Nel primo dopo guerra, muore Graziano Appiani e la ditta è condotta dal figlio Virginio. Graziano non si limita alla sola gestione della fabbrica, ma segue anche la carriera politica, che lo porta a ricoprire tutte le più importanti cariche pubbliche: consigliere e assessore al Comune, presidente della Camera di Commercio, deputato al Parlamento Italiano. In tali vesti impone l'apertura di Porta Calvi, rompendo così la chiusura del centro storico e collegandolo con le sue proprietà. Fa costruire una stazione ferroviaria vicino alle sue industrie, istituendo una nuova fermata a poche centinaia di metri dà quella centrale. Collega il centro storico con una linea di tram con capolinea al Teatro Eden; sviluppa le linee telefoniche extraurbane in qualità di presidente della Società Anonima Cooperativa Telefonica e dà un grosso contributo al diffondersi delle linee elettriche in città e provincia. Ma gran parte del suo potere si esprime nel grandioso progetto del "villaggio Appiani", immagine della sua attività. Sotto Virginio Appiani la ditta conosce drastiche riduzioni della propria produzione, per la difficoltà di collocare i prodotti all'estero a causa della chiusura dei mercati. I fruitori maggiori del gres rosso derivano, tuttavia, dall'ambiente politico e militare: ospedali, caserme, stazioni ferroviarie, hangar, le cui particolari richieste sacrificano però lo sviluppo tecnico-commerciale del materiale in gres colorato. Nel 1938, alla morte del giovane Appiani, subentra l'ingegnere Gabbianelli, milanese, che cercherà di rendere efficiente la fabbrica, migliorando sia le condizioni di lavoro delle maestranze, sia le strutture industriali. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, gran parte degli operai è chiamata alle armi. L’industria si vede perciò costretta a ridurre la propria produzione alle sole piastrelle di gres rosso. Dopo il 1945, oltre alla realizzazione delle solite mattonelle, prende avvio un nuovo tipo di produzione; quella del gres ceramico a vari colori, ottenuti con l'impasto di più componenti, quali caolini, feldspati, quarzo. Il nuovo indirizzo produttivo costringe l'azienda ad installare altre macchine e altri forni. Nel 1960 Adonella Appiani prende le redini della società migliorando e allargando la produzione, aggiungendo alla gamma del gres rosso e della ceramica colorata anche lo smalto. Nel 1965 sono eliminati definitivamente i forni Hoffman e inseriti i primi forni elettrici, il cui scarso ingombro, unitamente alla manodopera ridotta e all'uniformità di cottura, consentono di ottenere vaste produzioni. Nel 1973 la parte della fabbricazione di mattonelle smaltate rimane alla Ceramica Adonella di Fossalta di Piave e nel 1975 il resto dell'azienda viene trasferita a Oderzo.
L'intero complesso, nell'arco degli anni, ha completamente mutato la sua struttura originale, a causa delle continue modifiche di lavorazione. Oggi gli edifici non utilizzati da anni, sono in un precario stato di conservazione. L'intera area è di proprietà di un istituto bancario e il suo destino è di essere demolita per diventare un grande parcheggio.
Si può parlare del villaggio Appiani come di un'esperienza in miniatura assimilabile al Villaggio cotoniero Crespi a Capriate d'Adda o alla città operaia di Alessandro Rossi a Schio o alle abitazioni collettive a La Spezia, fenomeni isolati di villaggi operai in Italia.
In realtà mancano, nelle case Appiani, le caratteristiche tipiche di altri villaggi. Il controllo della forza lavoro sia in fabbrica, sia nel quartiere è assente; non vi sono difficoltà per raggiungere il posto di lavoro perché il quartiere ruota attorno alla villa padronale tutta costruita in mattonelle colorate, di fronte alla quale si trova il Viale Risveglio, delimitato da case a schiera su tre livelli, ricche di decorazioni e di statue in cotto e adibite ad abitazioni per gli impiegati. Appena oltre la fabbrica, in Viale Eden, si trovano due lunghe file di case a schiera su due livelli con un piccolo giardino coltivabile sul retro e con più modeste decorazioni in cotto, piastrelle colorate e statuette neoclassiche. Queste sono le vere e proprie abitazioni operaie, dominate all'inizio della strada dal Teatro Eden. Il teatro venne inaugurato il 5 gennaio 1911. Agli increduli trevigiani si presentò uno scenario di ricercate decorazioni liberty. La tipologia di questo edificio non ha alcun riferimento con gli altri teatri dell’epoca progettati esclusivamente per rappresentazioni liriche e di prosa. La soluzione della sala, dal pavimento privo di pendenze, specializza il teatro come luogo deputato al ballo, al pattinaggio e al cinematografo: un'unione tra il vecchio e nuovo divertimento.Il teatro è l'opera che maggiormente ha caratterizzato l'area diventando un luogo di attrazione e di socializzazione per l'intera città. Gli eventi bellici del primo conflitto mondiale, la morte di Graziano Appiani ed il sopraggiungere di difficoltà economiche produttive, indussero gli Appiani ad abbandonare il patrocinio dell'area. Dopo il 1923 il teatro fu affidato a varie società filodrammatiche e folcloristiche cittadine e dal 1930 in poi l'intera area, che nell'idea del fondatore doveva diventare simbolo ed esempio del nuovo modo di costruire ed organizzare il territorio, subisce un lento ed inesorabile degrado che coinvolge tutte le strutture realizzate. Nel 1933 le case a schiera passano di proprietà alle Ferrovie del Regno che le utilizza per il personale della vicina stazione Santi Quaranta. Dal 1939 al 1945 il teatro diventa deposito di oli carburanti della Savoli e successivamente vi si insediano le officine meccaniche Ravinet, con la produzione di filtri e recipienti in metallo per l'agricoltura. Dal 1967 il teatro diventa proprietà del Comune di Treviso che lo adibisce a magazzino dei servizi della nettezza urbana". Da: "L'uso della fotografia applicata alla rappresentazione dei monumenti storico industriali della provincia di Treviso" Tesi di diploma di Nadia Pavan, A.A. 1996-97.
Pavan, Nadia."L'uso della fotografia applicata alla rappresentazione dei monumenti storico industriali della provincia di Treviso" Tesi di diploma, A.A. 1996-97 (Bibliografia di riferimento). A.A. V.V. " Cassamarca- Rassegna trimestrale della Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana". Anno V, n. 3, settembre 1991 (Bibliografia di riferimento).
Scheda selezionata per il progetto Cultura Italia (Fondazione Querini Stampalia).
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