Aldo Moro (Maglie 1916 - Roma 1978). Dopo qualche anno di carriera accademica, fonda con alcuni amici intellettuali nel 1943, a Bari, il periodico "La Rassegna" che uscirà fino al 1945, anno nel quale sposa Eleonora Chiavarelli, con la quale avrà quattro figli. In quello stesso periodo, diventa Presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica, ed è direttore della rivista "Studium". Nel 1946 viene eletto all'Assemblea Costituente ed entra a far parte della Commissione dei "75" incaricata di redigere il testo costituzionale. E' anche vicepresidente del gruppo Dc all'Assemblea. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 viene eletto deputato al Parlamento nella circoscrizione Bari-Foggia e viene nominato sottosegretario agli Esteri nel quinto Gabinetto De Gasperi mentre non si arresta la sua inesauribile attività di insegnante e di didatta, con molteplici pubblicazioni a suo nome. Diventato Professore ordinario di Diritto Penale all'Università di Bari, nel 1953, viene rieletto al Parlamento diventando Presidente del gruppo parlamentare Dc alla Camera dei Deputati. Diventa nel 1955 ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo Segni. Nel 1956, nel corso del VI Congresso nazionale della Dc che si svolse a Trento, consolidò la sua posizione all'interno del Partito. Fu infatti tra i primi eletti nel Consiglio nazionale del Partito. L'anno dopo diventa ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli. Rieletto alla Camera dei Deputati nel 1958, è ancora ministro della Pubblica Istruzione nel secondo Governo Fanfani. Il 1959 è un anno importantissimo per Aldo Moro. Si svolge infatti quel VII Congresso della Democrazia Cristiana che lo vedrà trionfatore, tanto che gli viene affidata la Segreteria del Partito, incarico riconfermatogli nel tempo e che manterrà fino al gennaio del 1964. Ma un altro anno assai importante, anche alla luce della tragica vicenda che colpirà il politico doroteo, è il 1963 quando, rieletto alla Camera, è chiamato a costituire il primo governo organico di centro-sinistra, rimanendo continuamente in carica come Presidente del Consiglio fino al giugno del 1968, alla guida di tre successivi ministeri di coalizione con il Partito socialista. E' in pratica la realizzazione "in nuce" del famoso "compromesso storico" di invenzione dello stesso Aldo Moro, ossia quella manovra politica che contemplava il riavvicinamento delle frange comuniste e di sinistra verso l'area moderata e centrista. Il tumulto e il dissenso che tali situazioni "di compromesso" suscitano soprattutto all'interno degli elettori del PCI, ma soprattutto all'interno dei moderati, si concretizzano nelle elezioni del 1968 quando Moro viene sì rieletto alla Camera, ma le elezioni puniscono di fatto, dati alla mano, i partiti della coalizione e determinano la crisi del centro-sinistra. Ad ogni modo dal 1970 al 1974 assume anche se con qualche intervallo l'incarico di ministro degli Esteri. A conclusione di questo periodo ritorna alla presidenza del Consiglio formando il suo IV ministero che dura sino al gennaio 1976. Nel luglio del 1976 viene eletto Presidente del Consiglio nazionale della Dc. Il 16 marzo 1978 un commandos di Brigate Rosse irrompe nella romana via Fani, dove in quel momento transitava Moro allo scopo di recarsi in Parlamento per partecipare al dibattito sulla fiducia del quarto governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del Pci, massacra i cinque uomini di scorta e rapisce lo statista. Poco dopo, le Brigate Rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'Ansa. Il 18 marzo una telefonata al ''Messaggero'' fa trovare il ''Comunicato n.1'' delle Br, che contiene la foto di Aldo Moro e annuncia l'inizio del suo ''processo'' mentre, solo il giorno dopo, Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per Moro. I servizi segreti di tutto il mondo, anche se le segnalazioni furono tante e precise, non riuscirono a trovare la prigione dei terroristi, ribattezzata "prigione del popolo", e da cui Moro invocava incessantemente, tramite numerose lettere, una trattativa. Il 9 maggio, dopo più di cinquanta giorni di prigionia ed estenuanti trattative con gli esponenti dello Stato di allora, lo statista viene assassinato dalle BR. La sua prigionia aveva provocato ampi dibattiti fra coloro che erano disposti a cedere alle richieste dei brigatisti e chi invece era nettamente contrario per non legittimarli. A tale rovente clima dialettico pose fine la drammatica telefonata degli aguzzini di Moro, i quali resero noto direttamente ad un alto esponente politico che il corpo di Moro poteva essere rinvenuto cadavere nel bagagliaio di un'auto in via Caetani, emblematicamente a metà strada tra Piazza del Gesù, sede della Democrazia Cristiana, e via delle Botteghe Oscure, sede storica del Partito Comunista Italiano.
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